Opportunità attuali e future
L’eye tracking è uno strumento che negli ultimi anni è entrato pienamente a fare parte dei tools disponibili per la ricerca anche in ambito UX. Questa diffusione è dovuta all’ingresso nel mercato di diverse aziende produttrici e al forte interesse dell’ambito della UX, e non solo, rispetto al conoscere il comportamento visivo dell’utente su un determinato touchpoint.
Cos’è l’eye tracking e come funziona?
L’eye tracker è uno strumento per il monitoraggio oculare che permette di comprendere dove è posizionata (allocata) l’attenzione visiva di una persona rispetto ad uno stimolo che può essere presente su uno schermo (es. un sito, immagine, video) ma anche nel mondo reale.
Nello specifico, l’eye tracking ci permette di comprendere la posizione e la durata di questa osservazione, per fornire questo dato, la maggior parte degli eyetracker in commercio si avvalgono di una telecamera ad infrarossi e un software dedicato.
I principali modelli sono fissi e tendenzialmente posizionati alla base dello schermo di un PC e permettono di catturare dati a diversi livelli di accuratezza dai 60 Hz ai 2000 Hz. Ma ci sono anche modelli utili per esperimenti sul campo come i Tobii Pro Glasses che hanno la forma di occhiali ma contengono una telecamera ad infrarossi.

Immagine 1: Setup di un tipico eye tracker web (TobiiPro.com)
Ma come funziona l’eye tracker? La chiave è la telecamera ad infrarossi; essa genera un raggio che colpisce la pupilla dell’occhio creando un riflesso corneale, il vettore tra il riflesso e la pupilla permette di comprendere la posizione dell’occhio (Hansen e Ji, 2010). Sta poi al software in dotazione (es. Tobii Pro Studio) effettuare un match tra la posizione dell’occhio e lo stimolo presentato sullo schermo o nel mondo reale.

Immagine 2: Riflesso corneale in diverse posizioni dell’occhio (Blignaut, 2014)
I dati dell’eye tracker sono principalmente focalizzati su due movimenti che effettua l’occhio ovvero: le fissazioni che avvengono quando l’occhio rimane ‘relativamente fermo’ per un periodo di tempo su una sezione di uno stimolo da 60ms a diversi secondi, e le saccadi che sono movimenti veloci degli occhi tra una fissazione e un’altra e durano dai 30 agli 80 ms. Sulla base di questi movimenti oculari sono state create molteplici metriche che ci permettono di avere un’idea del comportamento visivo dell’utente tra cui:
- Durata delle fissazioni (Fixation Durations) in determinate aree dello stimolo (Aree di Interesse – AOIs), possono essere estratte in termini di media, numero e totale
- Tempo prima di osservazione: (Time to first fixation): media del tempo prima che un soggetto veda una determinata area
- Percentuali di fissazione in area (Percentage fixated): percentuale del numero di soggetti che hanno visto un’area o percentuale di fissazione delle varie aree sul totale
Da queste metriche possiamo poi ricostruire diverse visualizzazioni che possono servire a rappresentare dei dati piuttosto complessi in modo esplicativo per i clienti. Gli esempi principali sono delle rappresentazioni in formato di “mappa di calore” simili a quelli generati per le analytics. Oppure delle visualizzazioni focalizzate sulla sequenza come i gaze plot (o scan path) che mostrano l’ordine delle fissazioni effettuate dall’utente durante tutto il tempo di esposizione allo stimolo.

Immagine 3: Esempio di gazeplot (Eraslan et al., 2018)
Supportare i test di usabilità con l’eye tracking
L’analisi di queste metriche permette di avere degli insight interessanti; tramite l’eye tracker possiamo catturare l’esperienza visiva dell’utente in modo genuino ma preciso poiché riusciamo ad avere un dato accurato rispetto l’attenzione che viene riversata su uno stimolo e le sue sezioni (Pernice e Nielsen 2009, Holmqvist et al. 2011, Boyko 2013).
Un altro aspetto che dà valore alla ricerca con eye tracker riguarda la possibilità di tracciare un comportamento inconscio dell’utente che non può essere evidenziato da nessuna altra metodologia e che può risultare un dato ricco d’informazioni nell’ottica di migliorare l’esperienza dell’utente.
Nello specifico, Bergstrom e Schall (2014) indicano che l’eyetracking permette di comprendere meglio:
- Distribuzione dell’attenzione su uno stimolo: la percentuale di attenzione riservata agli elementi salienti (Area d’Interesse) o meno salienti per la domanda di ricerca (Non Area d’Interesse)
- Tempo di visualizzazione degli elementi: percentuale di tempo speso a osservare specifici elementi (es. bottoni)
- Flusso percettivo: sequenze e generale comportamento visivo dell’utente
Analizzando i movimenti oculari possiamo capire molti aspetti dell’osservazione di un particolare delle persone come:
- Cosa hanno visto o ignorato guardato un’area
- Per quanto tempo hanno visto o ignorato un’area
- Quante osservazioni ci sono state su una stessa area
- Quale area ha catturato l’attenzione prima di altre
- Quanto tempo è passato prima che un’area venisse vista
- In quale ordine determinate aree sono state esplorate
Ad esempio, un e-commerce di farmacia potrebbe essere interessato a comprendere se l’utente legge la posologia o le informazioni sul prodotto prima di comprarlo o se ignora la sezione. Questa informazione potrebbe essere rilevante nell’ottica di un redesign in modo da rendere il testo o l’individuazione del testo più saliente. In un caso come un e-commerce di moda, si potrebbe voler scoprire come l’utente osserva la foto di un capo, quali foto osserva maggiormente (es. diverse angolazioni di un capo), dove indugia lo sguardo mentre scorre tra i prodotti o se alcuni elementi nel modulo del pagamento vengono ignorati generando un errore.
Esempio di tasks con eye tracker su un e-commerce di moda
In una piattaforma potrebbe essere utile capire se sono presenti problemi di navigazione dovuti a bottoni che possono confondere l’utente e che lo portano a dover fare molteplici passaggi tra una sezione e un’altra. Inoltre, su un sito con molte immagini o con una grafica molto forte, potrebbe essere utile indagare cosa viene osservato e per quanto tempo i contenuti sono visti e se alcuni elementi possono distrarre o nascondere l’utente dalla navigazione. In generale e indipendentemente dal tipo di siti, può essere uno strumento utile per confrontare design in un AB testing, ad esempio nell’immagine seguente vediamo un pattern di osservazione molto diverso a seconda della posizione delle immagini e del testo.

Immagine 4: AB testing con diversi layout
Eyetracking associato ad altre metodologie
Come abbiamo visto le potenzialità dello strumento sono molteplici ma è necessario evidenziare che è sempre bene utilizzarlo in un design sperimentale comprensivo anche focalizzato alla triangolazione dei dati. Nella UX spesso viene associato al ‘Retrospective Thinking Aloud’ in cui al partecipante viene fatto vedere il video di quello che ha visto (inclusa la visualizzazione dinamica con i gaze plot) mentre gli viene chiesto di descrivere la sua esperienza. Invece è sconsigliato usare la procedura del ‘Concurrent Thinking Aloud’ perché potrebbe modificare il comportamento visivo dell’utente e generare carico cognitivo.
Altre strategie per garantire una raccolta dei dati ottimale riguardano l’inclusione di un test moderato, d’interviste o di un focus group in modo da associare un dato qualitativo ai dati quantitativi dell’eyetracker.
Nuove frontiere: eyetracking semi-remoti e remoti
Negli ultimi due o tre anni si stanno sviluppando anche dei software o applicativi che possiamo considerare come eyetracking remoti o semi-remoti. Nei casi dei semi-remoti alcuni tools si avvalgono di una telecamera in 3D, oppure di una telecamera ad altissima qualità attaccata al pc. Mentre per i remoti può bastare anche una videocamera in alta qualità o direttamente la webcam di un pc. Rispetto a questa tipologia abbiamo avuto la possibilità di testare qualche esempio di questi applicativi e i risultati, in alcuni casi, sono stati incoraggianti e siamo riusciti ad avere un’accuratezza del dato simile ad alcuni eyetracker fisici.
Uno degli aspetti più interessanti degli eyetracker remoti è la possibilità di poter effettuare un numero di test elevato con le tempistiche contenute di un vero test da remoto. Con un setup in laboratorio e un eyetracker fisso questo è impossibile poiché il tracker ha bisogno di una calibrazione ed un controllo della strumentazione che può richiedere molto tempo, costi elevati e un campione limitato di partecipanti. Inoltre, tramite un design accurato è possibile ovviare ad alcuni problemi relativi all’accuratezza del dato.
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Citazioni:
– Bergstrom, J. R., & Schall, A. (Eds.). (2014). Eye tracking in user experience design. Elsevier.
– Blignaut, P., & Wium, D. (2014). Eye-tracking data quality as affected by ethnicity and experimental design. Behavior research methods, 46(1), 67-80.
– Boyko, E. J. (2013). Observational research—opportunities and limitations. Journal of Diabetes and its Complications, 27(6), 642-648.
– Eraslan, S., Karabulut, S., Atalay, M. C., & Yesilada, Y. (2018). Vista: Visualisation of scanpath trend analysis (sta). In Proceedings of Turkish National Software Engineering Symposium (UYMS).
– Hansen, D. W., & Ji, Q. (2009). In the eye of the beholder: A survey of models for eyes and gaze. IEEE transactions on pattern analysis and machine intelligence, 32(3), 478-500.
– Holmqvist, K., Nyström, M., Andersson, R., Dewhurst, R., Jarodzka, H., & Van de Weijer, J. (2011). Eye tracking: A comprehensive guide to methods and measures. OUP Oxford.
– Nielsen, J., & Pernice, K. (2010). Eyetracking web usability. New Rider